Dopo due anni di lavoro, tra ideazione, ricerca e redazione, sono usciti finalmente gli atti, in tre volumi, del convegno internazionale di studi tenutosi a Roma il 6 e 7 maggio 2022. Organizzato dal Prof. Francesco Gui, per molti anni ordinario della cattedra di Storia Moderna all'Università "La Sapienza" di Roma, il tema è stato quello del rapporto fra la famosa chiesa di via XX Settembre e la vittoria riportata dai cattolici sui protestanti nella battaglia della Montagna Bianca del 1620, nell'ambito della sanguinosa Guerra dei Trent’anni (1618-1648).
I contributi contenuti nei tre volumi, dovuti a studiosi italiani e della Repubblica Ceca, spaziano dall’esame dell’evento che aprì la guerra e del suo contesto all’illustrazione degli aspetti artistici e architettonici della chiesa carmelitana di Santa Maria della Vittoria.
Nel secondo volume c'è anche il mio contributo, diverso dagli altri, perché prende in esame il culto a Santa Maria della Vittoria nel Veneto, in particolare nella Marca Trevigiana.
Cercando di studiarlo, come fenomeno di lunga durata, partendo dal punto più alto del Montello, uno dei luoghi simbolo della Grande Guerra nel nostro Paese.
Qui, in posizione panoramica, nel 1923, durante l’episcopato di Andrea Giacinto Longhin, viene aperta al culto una chiesa dedicata a Santa Maria della Vittoria.
Ci troviamo allora di fronte a un fenomeno di longue durée, ovvero a una struttura storica di lunga durata che, come ci insegna la scuola delle Annales, ci può consentire, in una prospettiva plurisecolare, di comprendere come eventi del primo Novecento siano strutturati attorno a una tradizione sorta nella prima età moderna. In questo caso, il culto alla Madonna del Rosario legata al trionfo cristiano a Lepanto e agli assedi di Vienna.
Una venerazione che costituisce una memoria storica per i paesi dell’Europa occidentale, ma che rientra anche nel campo delle tradizioni inventate come ci insegna Hobsbawm.
Siamo quindi in presenza di un insieme di pratiche che, agendo sulla lunga durata, si propongono di “inculcare” determinati valori e norme di comportamento ripetitive, in una implicita continuità con il passato.
Ecco quindi che il culto di Santa Maria della Vittoria viene, all’indomani della vittoria nella Grande Guerra, riutilizzato per rinsaldare vincoli nazionali e per connotare la fisionomia non solo di singole classi sociali, ma di quell’intera Italia che il fascismo sta costruendo. In collaborazione con una Chiesa cattolica ormai avviatasi a diventare “Concordataria”, cercando l’affermazione, sia sul piano nazionale che internazionale, attraverso una legittimazione che affonda le sue radici in un passato lontano.
Qui il mio contributo presente nel volume (si ringrazia Giovanni Ravazzolo per le foto):
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Senior Marketing CONSULTANT HVAC/R
3 mesiPietà....